Le batterie agli ioni di litio e ai polimeri di litio hanno permesso la diffusione commerciale degli smartphone, ma oggi sembrano non bastare più
Qualche ora con lo schermo dello smartphone acceso, due video visti su Youtube, una sfida al giochino del momento, il wi-fi acceso per rispondere alle chat di WhatsApp e la batteria del cellulare si scarica quasi per magia. La durata della batteria è un problema annoso, che molte aziende produttrici di smartphone e tablet hanno provato a risolvere con diverse soluzioni: dalla modalità risparmio energetico alle batterie esterne. Nonostante si cerchi con qualche trucco di aumentare di qualche ora la durata, il caricabatterie è diventato un accessorio fondamentale della vita di molti italiani: all’ora di pranzo si va alla ricerca di una presa elettrica per arrivare a fine giornata (molti centri commerciali hanno adibito zone apposite dove i clienti possono ricaricare lo smartphone e navigare nel web con il Wi-Fi).
Probabile, dunque, che si sia toccato (o si sia molto vicini al farlo) il limite di sviluppo delle batterie al litio, tecnologia oggi utilizzata per realizzare le batterie dei dispositivi mobili che si utilizzano quotidianamente.
Le batterie al litio
Se i telefonini dei primi anni ’90 dello scorso secolo utilizzavano batterie realizzate con leghe al nichel-cadmio (Ni-Cad), l’evoluzione tecnologica ha portato allo sviluppo di batterie al litio più efficaci ed efficienti. Il cambio tra le due tecnologie si rende necessario nel momento in cui le componenti hardware di telefonini e laptop iniziano ad avere un consumo energetico troppo elevato da sostenere nel tempo. Entrano dunque in scena le batterie agli ioni di litio, che assicurano prestazioni migliori, un tempo di ricarica inferiore e dimensioni più contenute rispetto alle pile della generazione precedenti.
Come funzionano le batterie dello smartphone
Due le tipologie di batterie al litio disponibili sul mercato. Da un lato troviamo gli accumulatori agli ioni di litio (Li-ion), ideati agli inizi del XX secolo e commercializzati a partire dall’inizio degli anni ’90; dall’altro, invece, abbiamo le pile ai polimeri di litio (Li-po), più recenti e leggere rispetto alle prime.
Le due tipologie di batterie a litio si differenziano anche per forma ecostruzione. Nelle batterie agli ioni di litio, che possono essere prodotte a forma di bottone o come lunghi cilindri metallici, i sali del minerale sono immersi in un solvente liquido che funge da elettrolita. Nelle batterie ai polimeri di litio il solvente liquido è sostituito da un composto polimerico solido, che rende gli accumulatori maggiormente modellabili e adattabili alle situazioni più disparate.
In entrambi i casi, il funzionamento delle batterie a litio si basa su delle reazioni chimiche: gli ioni di litio (Li+) si muovono dall’anodo in carbonio (elettrodo positivo) al catodo in litio (elettrodo negativo). Il movimento prodotto dagli atomi rilascia energia all’intero circuito, dando la carica necessaria agli smartphone. Quando si mette in funzione il caricabatterie il processo è inverso, gli ioni positivi sono assorbiti dall’anodo.
Attenzione alle temperature
Rispetto alla generazione di batterie in nichel-cadmio, le pile al litio sono più leggere e mantengono la carica per più tempo, anche se non sono utilizzate. A fronte di questi vantaggi, gli accumulatori al litio soffrono di alcuni problemi da non sottovalutare assolutamente. Il litio, in particolare, è un metallo che si scalda molto facilmente e, se si supera la temperatura critica, può diventare infiammabile e altamente pericoloso per l’incolumità degli utenti: in alcuni casi il dispositivo può esplodere. Per evitare che ciò accada, gli ultimi modelli di smartphone hanno integrato un sistema di sicurezza che porta allo spegnimento dello smartphone una volta raggiunta una certa temperatura.
Le alte temperature, inoltre, hanno un effetto deleterio anche sulla durata e sull’aspettativa di vita delle batterie al litio. Al di là dell’invecchiamento naturale degli accumulatori, una temperatura di utilizzo elevata fa diminuire il numero di cicli di ricarica delle batterie, compromettendone la piena funzionalità anche solo dopo un anno di utilizzo. Le temperature più elevate sono raggiunte durante la ricarica, per questo motivo è consigliabile usare un caricabatterie dal basso amperaggio, affinché le componenti hardware non siano messe sotto stress.
Sviluppi futuri
Come visto, la situazione vissuta a metà degli anni ’90 con le batterie al cadmio sembra ripetersi ai nostri giorni: l’hardware degli smartphone e dei tablet, sempre più potente, richiede un carico energetico che le piccole batterie al litio sembrano non poter supportare. Si rende necessario, dunque, un cambiamento di strategia che permetta di ridurre ulteriormente la grandezza delle batterie e di aumentarne la capacità di carica. Diverse le soluzioni in ballo.
Da un lato, ad esempio, troviamo Samsung con le sue batterie con catodo di silicio rivestito di grafene e capaci di durare di più a parità di carica. Da non sottovalutare, poi, le batterie in alluminio sviluppate presso l’Università di Stanford (Stati Uniti) capaci di ricaricarsi più velocemente e con un’aspettativa di vita di gran lunga superiore alle batterie al litio. Dal MIT, invece, arrivano le batterie flessibili e arrotolabili, che possono essere utilizzate anche in dispositivi mobili con display curvo. Dalla Cina, infine, arrivano buone nuove per le batterie al litio: utilizzando dei derivati della seta sembrerebbe possibile allungarne vita e durata per singola carica.